sabato 19 febbraio 2011

FLI IL PARTITO LEGGERO CHE CERCA VOTI ANCHE A SINISTRA

FINIFLI
Se vuoi capire dove vogliono andare i finiani, nel giorno in cui si accendono i motori per la partenza del nuovo partito, non devi partire dalla riunione di via del Seminario. Devi cominciare, invece, da una notizia apparentemente laterale, che è rimbalzata dentro la riunione come una profezia. Pierfrancesco Favino, uno dei pochi attori italiani conosciuti nel mondo, ieri rilascia una dichiarazione-choc: “Ho sempre votato a sinistra. In questo momento non avrei difficoltà a votare Fini, se si candidasse”. Certo, Favino aggiunge: “Dipende dagli alleati. In passato ho sempre sperato in persone che poi sono state fatte fuori dal partito stesso”.
Il fattore Favino. Ecco, queste parole sono importanti, perché ieri erano il coronamento involontario del ragionamento di Gianfranco Fini, la conferma dei postulati che il presidente della Camera ha ribadito più volte, nella sua relazione introduttiva, ma anche in ripetuti interventi durante la riunione: “Noi non siamo qui per fare una piccola An, ma un grande Pdl”. Favino, dunque, e gli altri. Personaggi come lo scrittore Aldo Busi, che più volte ha fatto sapere di essere interessato al percorso di Fini e di credere alla sua “conversione” (se si escludono i fasci littori avvistati sul balcone di val Canneto). “Non ci chiudiamo in una struttura, continuiamo a mantenere la rete più larga possibile”. Che cosa vuol dire? Che Fini non considera accidentali i consensi che arrivano dal di fuori della destra storica, ma che è convinto di potersi avvicinare alla soglia del 10 per cento dei consensi solo creando “una identità multiculturale”.
Il “Che fare?”. Come ogni formazione che nasce, nella storia della politica dal Novecento ad oggi, anche lo stato maggiore di Futuro e libertà ieri si doveva confrontare con gli eterni dilemmi della politica quando si passa alla fase difficile della solidificazione delle opinioni in strutture organizzate. Ad esempio ritrovandosi di fronte al dilemma che di solito anima le “cose” di sinistra. E su tutte la domanda delle domande: movimento o partito? Bene, ieri la riunione non ha lasciato margini di dubbio, anche se gli interventi della “vecchia guardia” (basta pensare a dirigenti di peso come Donato Lamorte) hanno mostrato che molti avrebbero di gran lunga preferito consolidarsi subito in una struttura tradizionale. Ma qui gli interventi del presidente della Camera sono stati molto netti: “Serve un movimento d'opinione”. Non un partito tradizionale, con una struttura di comando piramidale. Ma qualcosa di più vicino al “partito leggero”: "Non possiamo mettere in moto una struttura così pesante – dice Fini- va fatto qualcosa di agile per non restare in mezzo al guado e per rispondere ai molti che ci chiedono di aderire”.
Vertici e commissioni. Tutti ti dicono che la riunione è stata unitaria, che non c’è stata nessuna spaccatura tra “Falchi” e “colombe”. I più maliziosi, fra i movimentisti, ti dicono che le colombe sono state rassicurate da uno dei grandi fatti politici del giorno. La convocazione di Italo Bocchino al vertice di maggioranza voluto da Silvio Berlusconi, che rappresenta – di fatto – il riconoscimento a cui il premier non avrebbe mai voluto arrivare, l’obiettivo a cui aveva consacrato tutta la sua battaglia della Fiducia. E invece adesso cosa succede? Non solo Futuro e libertà siede al tavolo delle forze di maggioranza (assieme all’alleato Mpa), ma ottiene anche il congelamento delle presidenze di commissione. Su questo – come chi ha letto gli articoli di Wanda Marra su questo quotidiano – si gioca un partita decisiva: perché in più di quattro commissioni i finiani hanno in mano le chiavi della maggioranza e sono in grado di fare il bello e il cattivo tempo. Strutturarsi nel centrodestra e restare nei posti chiave, quindi a prima vista dovrebbe rassicurare i moderati come il presidente della commissione lavoro Silvano Moffa e il capogruppo al Senato Pasquale Viespoli.
Falchi e colombe. Ma qui, però, anche il partito dei movimentisti segna un punto. È il nucleo nato intorno al fuoco incandescente di Fare Futuro o e al vascello corsaro del Secolo d'Italia. È il partito movimentista che domani sfila al “forum delle idee”, nato intorno a un intellettuale milanese come Peppe Nanni (che viene dalla storia della Nuova Destra) e da Fabio Granata. È il partito della guardia pretoriana di Flavia Perina e di Filippo Rossi, le cui posizioni si possono riassumere in questa analisi: “Se siamo riusciti a salvare la pelle e salvarci dal tentativo di sterminio di Berlusconi – ti spiega un parlamentare che vuole restare anonimo – è perché abbiamo tenuto la barra dritta senza mediare”. Insomma, se oggi le colombe possono volare è perché i falchi hanno fatto muro, tenendo botta sotto il bombardamento dell’estate.
Niente colonnelli.Ma forse questa dialettica sottotraccia è già un risultato previsto, se non favorito da Fini. Che ieri ha preferito non distribuire incarichi, probabilmente per impedire la formazione di una nuova classe di colonnelli. Meravigliosa la battuta (autoironica) di Enzo Raisi. “Quando si distribuivano i gradi io ero soldato semplice, adesso che potrei diventare ufficiale non ci sono più promozioni”. Ovviamente è un paradosso, perché – ridendo e scherzando – Raisi ha in mano la cassa de Il Secolo. Così come Luca Barbareschi terrà le redini della comunicazione, e – probabilmente – Roberto Menia si avvia a diventare l’organizzatore. Raisi ti ripete: “Ripartiamo dal sogno interrotto. Quello di un partito liberale, laico, plurale e di massa". Troppo ottimista? Uno dei falchi allontanandosi da via del Seminario ti sussurra: "Oggi non tutti hanno capito che i vascelli che riportano al PDLsono bruciati.

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