venerdì 9 dicembre 2011

EQUITA' ?....Ma ndo sta

Il principio di base della manovra approntata da Mario Monti è quello del sacrificio. Chi più, chi meno sembra averlo accettato. «È l’alternativa al baratro», abbiamo sentito dire più volte. Tra articoli e commi, però, qualcosa sembra stridere. È il caso dell’imposta di bollo sulle operazioni finanziarie. La manovra stabilisce, difatti, che ci sia – nella forma dell’imposta di bollo sui conti titoli e sugli strumenti finanziari non compresi nei conti titoli - una sorta di patrimoniale dell'1 per mille per il 2012 e dell'1,5 per mille dal 2013. Il punto su cui riflettere è che viene però fissato un tetto all’imposta massima a 1.200 euro. Il che significa che nel 2012 non si pagherà nulla sopra il milione e duecentomila euro di patrimonio e dal 2013 nulla sopra gli 800mila euro.

Con la conseguenza che avere azioni, o obbligazioni per un milione o un miliardo è la stessa cosa. Si paga comunque un imposta di 1.200 euro. Il che, sinceramente, non può convincere e, a questo punto, è bene tirare fuori l’altro principio la cui applicazione era stata assicurata dal nuovo esecutivo: equità.

Allora si può fare l’esempio di una famiglia (di sicuro benestante) che ha investito 800mila euro in valori mobiliari e che si troverà a versare la stessa imposta, altro esempio, di un Silvio Berlusconi o un Diego Della Valle che nei propri conto titoli hanno investimenti superiori. Dov’è, allora, la progressività, la proporzione?

Nei giorni scorsi era stata avanzata, dal Terzo polo, una idea diversa e cioè una sorta di patrimoniale con un’aliquota del 5 per mille al di sopra di 1,5 milioni di euro. Una soluzione ben più equa, quindi, sia in termini di aliquota che in termini di scaglione. Allora perché non intervenire rivedendo i parametri di una patrimoniale che ha una singolare caratteristica, quella di essere regressiva. Un epilogo che risulterebbe decisamente più gradito a quell’opinione pubblica “stressata” da tagli e rincari. Altrimenti l'intera operazione "salva Italia" rischia di diventare socialmente indigesta.

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